“Magna e bevi che la vita xe un lampo”: nella Terra delle Meraviglie si gustano cicchetti veneti in bacari storici, tra tradizione ed eccellenze del territorio

La tradizione culinaria di un luogo riesce a ben raccontare la sua storia, il modo di vivere la giornata dei suo abitanti, il clima e le eccellenze.
In questo senso nella Terra delle Meraviglie è d’obbligo parlare di spunciotti e cicchetti veneti (spuncioni per i padovani o cicheti secondo il dialetto veneziano).

Cosa sono, da dove nascono, e soprattutto dove si possono mangiare i cicchetti veneti?

I cicchetti veneti sono bocconcini prelibati e creativi (l’origine della parola deriva dal latino ciccus che significa piccola quantità), principalmente sopra una fetta di buon pane o in versione fritta (baccalà, sarde insaor, verdure, mozzarella impanata) o in umido, come nel caso dei classici folpetti, prelibatezza senza tempo che si può ancora gustare in moltissime piazze in Veneto come in quel di Padova sotto il Salone, area dell’antico mercato comunale, ai piedi del Palazzo della Ragione.

Non esistono, secondo tradizione, cicchetti veneti senza che siano accompagnati da un’ombra, ossia un piccolo bicchiere di vino tipico del territorio, Prosecco ma non solo.
Questa tradizione pare prenda suo nome da una vecchia usanza dei mercanti veneziani, che piazzavano i banchi per la mescita all’ombra del campanile di San Marco per tenere fresco il vino, e ancor oggi nella città lagunare si dice “andar per ombre“, quando si vuole indicare il rito dello spuntino di metà mattina (e non solo).

cicchetti veneti sgaialandSe il modo in cui si consuma il cibo indica anche lo spirito di un luogo, ecco allora che il cicchetto racconta benissimo la storia della regione veneta, fatta di mercanti, di viaggiatori e di gente che storicamente amava vivere per strada e fare della convivialità un elemento indispensabile nella propria giornata. Il piacere di riempire gli occhi con un bancone con tanti cicchetti diversi appaga la vista, e lo stomaco (ci sono cicchetti per tutti i gusti e palati), è da sempre accompagnato al piacere di fare due chiacchere informali e divertenti.

Storicamente il cicchetto a Venezia si consumava all’interno dei bacari. Secondo alcuni, il nome deriverebbe da “Bacco”, dio del vino, o da “far bàcara“, espressione veneziana per dire “festeggiare“. “Bacari” era anche il nome attribuito ai vignaioli e ai vinai che venivano a Venezia con un barile di vino da vendere in Piazza San Marco insieme a piccoli assaggi o spuntini.
Il bacaro si differenzia dall’osteria per alcuni elementi specifici: dimensione del locale, piccolo e con pochi posti a sedere, il mangiare senza l’uso di posate e l’offerta economica di cibo e vino. Insomma i precursori del finger food e del cibo di strada potrebbero essere proprio i cicchetti veneti.

Importante ricordare che i cicchetti veneti non sono simili alle tapas spagnole o ai mezes greci poiché questi ultimi si consumano sempre a metà mattinata o metà giornata ma richiedono l’uso di un piccolo piatto e di posate, tanto che in molti bar e bacari in Veneto potrete trovare scritto a grandi lettere “no tapas”.

I classici cicchetti veneti sono preparati con ingredienti tipici della regione veneta: baccalà, sardine e pesce azzurro, folpetti, uovo sodo, salumi tipici, formaggi, verdure saltate in padella. Ma non mancano anche i cicchetti che mescolano la tradizione veneta a quella di altri paesi.

Un’idea rapida e semplicissima per un cicchetto? Eccola!

La base è il cavolfiore che in questa piccola ricetta diventa una crema.
Pulire il cavolfiore solo dalle foglie più esterne, lasciando quelle più morbide. Lessarlo in acqua e sale. A fine cottura tagliare a pezzi il cavolfiore ed aggiungere all’acqua rimasta dalla cottura dell’olio extravergine, abbondante grana padano e del latte (aiuta a montare la cremosità del piatto).
Per la fetta di pane:
Base di pane di lievito madre (la panificazione con il lievito madre è assolutamente da preferire ai lieviti chimici perché: lievitazione naturale, non gonfia, aiuta chi ha delle intolleranze) crema di cavolfiore qui bianco (in realtà esistono in commercio anche cavolfiori colorati tipo viola o verde, si possono utilizzare per variegare e colorare i piatti), erbette (spinaci o bietoline o cime di rapa) e polpa di pomodoro. Condito alla fine con del buon olio e una spolverata di pepe (che aiuta ad esaltare il sapore della crema di cavolfiore)
Per l’uovo:
Uovo sodo, lo si divide in due e si toglie il tuorlo che si sgrana da parte condendolo con olio aromatizzato alla cipolla (basta tagliare qualche fetta di cipolla e lasciarla a riposo nell’olio per almeno mezzora) e un po’ di sale. Si riempie l’uovo con la crema di cavolfiore e si sgrana sopra il tuorlo condito. Si chiude con buccia di pomodoro passata in padella (si indice la base di un pomodoro e si mette in acqua bollente per un minuto, si toglie la buccia e la si passa in padella condita con olio e sale a fuoco alto per un paio di minuti)

Far la vita del Micheasso, magnar, bever e ‘ndar a spasso

Immagine di copertina: thanks to Il Grottino, Vicenza

Articolo precedenteLa prima donna laureata della storia: Elena Lucrezia Cornaro Psicopia
Articolo successivoMakeIT! 2017: Food&Beverage, marketing e innovazione con Taste It!
Perché Eleni? Perché nel sangue porto un po’ d’Italia e di Grecia. Dopo molti anni di lavoro nell'ambito della comunicazione e della cooperazione internazionale, ho fatto di una mia antica passione un lavoro. Mi piace fare e parlare di cibo, lo affronto, almeno ci provo, nei suoi molteplici aspetti. Corsi di cucina, consulenze commerciali, sperimentazioni e degustazioni, incontri formativi per tecnici di settore, laboratori didattici. Amo l'ambiente, le spezie, i viaggi, la scoperta e il Veneto, of course, anche se da Padova mi sono trasferita per amore a Milano.