Marco Segato in cima alle classifiche dei film più visti delle ultime settimane, con il suo “La pelle dell’orso”. Nel cast anche Marco Paolini

«Mentre leggevo “La pelle dell’orso”», scrive Marco Segato, «ho subito pensato di aver trovato il soggetto ideale per raccontare la “mia storia”, quella di un viaggio al contempo fisico e spirituale, un’esperienza iniziatica per il giovane protagonista che lo spinge a riavvicinarsi al padre dopo anni di silenzi amplificati dall’assenza della madre e dalla vita dura di montagna. È nata così la sceneggiatura, scritta insieme a Enzo Monteleone e a Marco Paolini. Il film racconta la grandezza del piccolo uomo mentre affronta la grande bestia, il superamento di quella linea d’ombra che segna l’uscita dell’uomo dall’età dell’innocenza per entrare in quella delle grandi sfide contro i mostri della natura e dello spirito»
Lui, il regista padovano Marco Segato, laureato in Storia e critica del all’Università di Padova, di strada ne ha fatta, da allora: nel 2007 è stato assistente alla regia del film di Carlo Mazzacurati “La giusta distanza”, e da anni collabora con Jolefilm, con cui ha realizzato, come regista e autore, i film documentari “Ci resta il nome” (2007) e “Via Anelli” (2008).
Inoltre ha curato la regia video de “Il sergente” di Marco Paolini (2007), collaborando ad altri spettacoli di Paolini, come “Ausmerzen” e “Fén”.
«Fin da subito ho pensato a Marco Paolini nel ruolo del padre e lui ha accettato una doppia sfida: quella di mettersi nelle mani di un regista esordiente e quella di indossare una maschera inedita, da costruire con silenzi e sguardi, in un film un po’ anomalo per i canoni del cinema italiano»
Ora Marco Segato sta sbancando al botteghino, in classifica dopo titoli come La ragazza del treno, Doctor Strange e Non si ruba a casa dei ladri.
Uscito lo scorso 3 novembre, “La pelle dell’orso” è tratto appunto dal romanzo omonimo di Righetto (Ugo Guanda editore) e vede nel cast anche Lucia Mascino, Paolo Pierobon e l’esordiente Leonardo Mason.



La storia? Siamo negli anni Cinquanta, e Domenico è un ragazzino che vive in un piccolo paese nel cuore delle Dolomiti. Il padre, Pietro, ha cinquant’anni ma sembra più vecchio, consumato com’è dalla solitudine e dal vino; per vivere lavora nella cava alle dipendenze di Toni Crepaz, un impresario senza scrupoli. Il rapporto tra padre e figlio è aspro e difficile, i lunghi silenzi li hanno trasformati in due estranei.
Da qualche tempo la tranquillità del posto è messa a dura prova dalla presenza nella valle di un orso feroce che uccide e incute un terrore superstizioso: “el diàol”, il diavolo, lo chiamano i vecchi. Una sera all’osteria in uno scatto d’orgoglio, Pietro sfida Crepaz e dichiara che sarà lui ad ammazzare l’orso in cambio di denaro. Il giorno seguente, all’alba, Pietro s’incammina; Domenico decide di seguirlo.
Padre e figlio si immergono nei boschi, sempre più a fondo, fino ad esserne inevitabilmente trasformati. A poco a poco si riavvicinano e il muro che li separava si sgretola nell’immensità della natura.

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Diploma di scuola media superiore, giornalista free lance appassionata di musica e piante, collabora saltuariamente con redazioni locali.