La sfida della distanza sociale tra bambini ai tempi del Covid

Le linee guida attuate dal governo e dalle regioni per la riapertura dei servizi per l’infanzia dopo il lockdown hanno permesso a molti bambini di tornare a frequentare gli asili, la scuola e i servizi per l’infanzia partecipando ai centri estivi. La proposta si è concretizzata in un contesto protetto, regolamentato in modo ben preciso in modo da garantire la sicurezza sanitaria e permettere al tempo stesso ai bambini di ripristinare una socialità di cui avevano estrema necessità. Il contesto trovato al ritorno non è stato semplice, non è stato naturale, non è stato ciò a cui i bambini, soprattutto i più piccoli, erano abituati.

L’uso della mascherina limita la comunicazione non verbale, la voce si fa meno sentire, alle volte per capirsi ci si deve guardare dritto negli occhi; non ci si è potuti toccare, abbracciare dopo un lungo e difficile distacco, non si è potuto rivedere tutti i compagni, alcuni erano in un altro gruppo con cui non si poteva avere contatti, non ci si è scambiati la merenda né sussurrati qualcosa vicino al viso; spesso il perché di tutto ciò è stato difficile da comprendere.

Ogni piccola interazione ha dovuto prendere distanza dall’altro, prendere una nuova forma. La dimensione relazionale viene completamente stravolta dalle nuove regole sociali, ogni presupposto di benessere e sviluppo prevede contatto, comunicazione e movimento libero. I bambini per crescere, spingono, invadono spazi ancora poco chiari, testano confini, fanno salti per parlare, baciano e abbracciano all’improvviso perché la spontaneità è il veicolo delle emozioni e dei pensieri ancora poco definiti. Molte cose non sono più possibili. Le stesse regole scandiscono molti momenti della giornata ed entrano dirompenti all’interno delle routine per i bambini consolidate: spazi comuni, abitudini alimentari, norme igieniche, arredi e giochi degli ambienti frequentati.

Qui i bambini hanno vinto la sfida, attraverso la resilienza, la capacità di re-inventare nuovi codici comunicativi, nuove strategie di relazione e di gioco. Hanno fatto della difficoltà un’opportunità per creare nuove idee, nuovi punti di vista; ecco che il metro di distanza diventa il cerchio per l’attività motoria e se tocchi il mio perdi un punto, il gioco del mimo con la mascherina diventa ancora più divertente perché si copre il viso e la sfida si fa difficile tra le squadre, il ballo dell’estate diventa “la danza della distanza”. Ed è proprio l’ironia che ha fatto dei bambini i veri eroi di un’emergenza sanitaria, la capacità di inventare storie per rielaborare i difficili contenuti di ciò che stava accadendo intorno a loro. Il virus è diventato un nemico dalle chiare forme e chiari sono gli strumenti per combatterlo, i bambini questa battaglia la vogliono vincere! Perché la cosa più importante è poter stare insieme, poter tornare a scuola.

Per loro, oggi, è già importante il “dopo”, questo è ciò che ha fatto di loro i vincitori della sfida.

I più grandi hanno trascorso gli ultimi mesi di scuola davanti al computer, in attesa della connessione, con gli occhi stanchi, con la mano alzata cercando di centrare la telecamera per essere visti dalla maestra che attivasse il microfono; non sono usciti a giocare, tra un quaderno e l’altro non hanno fatto una corsa, non sono andati a nuoto o dai nonni, non hanno giocato a ricreazione. Hanno solo aspettato silenziosamente il momento per tornare alla loro semplice quotidianità, fatta di cose piccole ma preziose.

I più piccoli hanno guardato i tanti video delle maestre che cantavano, raccontavano storie, facevano sentire la loro voce o proponevano un gioco dallo schermo, per portare un pezzettino della scuola dentro le case e non perdere quel prezioso contatto tra le persone che fanno parte della vita quotidiana e le tante tappe costruite assieme.

E quando è stato il momento di tornare a guardarsi dal vivo e giocare, i bimbi non hanno sprecato questo momento, lo hanno custodito, riempiendolo di proposte, idee, magiche soluzioni e tanta dolce fantasia.

Hanno rispettato le regole, hanno provveduto a sé e agli altri per il “dopo”.

Noi adulti dobbiamo loro lo stesso impegno, la stessa tenacia, lo stesso sorriso, ma soprattutto la stessa serietà nell’affrontare quello che verrà.

Perché andare a scuola, socializzare, parlare, cantare, imparare, essere bambini è una cosa seria.

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Psicologa clinica vicentina con specializzazione in Pedagogia dell'Arte e un Master in sviluppo motorio e cognitivo nella fascia 0-6 anni, lavora in ambito educativo scolastico. Nel tempo libero? Corse a piedi nudi sui prati, giri in Vespa e camminate in quota.