Intervista (sgaia) a Marco Casula, il veneto virtuoso amico dei ghiacciai. 

Marco Casula, 28 anni, tecnico dell’Istituto di Scienze Polari del Consiglio Nazionale delle Ricerche oltre che Actiang Station leader della stazione artica dirigibile italia. Segni particolari: Veneto doc.

In questo momento si trova bloccato al centro di ricerca internazionale di Ny-Alesund 79°N a circa 1000km dal Polo Nord, lo stesso luogo da cui partirono Amundsen e Nobile per conquistare i ghiacci.

Marco è partito lo scorso gennaio dal nostro Veneto per rincorrere il sogno di poter vivere e studiare tra i ghiacciai, per assaporare interamente una realtà bucolica ma allo stesso tempo estremamente complessa.

marco casula

“Mi sono gustato a pieno la notte polare colorata dalle sue splendide aurore e ora mi sto avviando nel periodo primaverile/estivo caratterizzato dal sole di mezzanotte. Fa strano passare da un estremo all’altro in un lasso di tempo così breve” queste le sue parole, così cariche di significato per descrivere un mondo che sembra quasi appartenere alle favole, così autentico, così bianco, così brillante.

Attualmente Marco si sta occupando di campionamenti e dell’aspetto tecnico della Base. Al Polo Nord si lavora tanto, instancabilmente e con ritmi frenetici.

Marco, come stai vivendo questo momento così particolare lontano dall’Italia?

Questa situazione di emergenza ha ulteriormente rafforzato la necessità di collaborazione tra tutti i Paesi che operano qui a Nord; già lo si faceva, ma ora molto di più e non si tratta solamente di cooperazione scientifica, ma anche a livello logistico e operativo e questa è una lezione che mi sembra sia da cogliere e mettere in pratica nel futuro anche quando la pandemia del COVID-19 sarà superata. Vivo la situazione Italiana con un’ottica diversa e internazionale, le notizie che arrivano qui sono filtrate, mi forniscono una
fotografia globale e sto cercando di vivere questa emergenza con serenità. Vedo questa mia situazione attuale come un training per una possibile futura missione in Antartide.

Come si trascorre una giornata tipo al Polo Nord?

La mia giornata ha orari molto serrati essendo l’unico italiano qui a Nord (attualmente siamo una trentina di persone da tutto il mondo) e prima di affrontarla devo pianificare la sera prima cosa effettuare o meno in base al tempo che ho a disposizione; ma la priorità ce l’hanno sempre le acquisizioni di dati a lungo termine, in particolare quelle di tipo strumentale (gli strumenti infatti lavorano in continuo). Per prima cosa devo affrontare la preparazione del materiale necessario allo svolgimento dei campionamenti ed è fondamentale svolgerla in modo accurato al fine di evitare errori di catalogazione o problemi di cross contamination.
Una buona attività di campionamento significa portare a casa il 50% del lavoro in certi casi. Poi chiaramente esiste anche il post lavoro, la vita sociale, anche se qui esiste una dedizione al lavoro quasi totalizzante.

A proposito di vita sociale, il clima è sicuramente rigido, i rapporti interpersonali invece?

Nonostante le temperature, tutte le persone qui sono molto calorose e si è una grande famiglia. Per quanto possibile ci si aiuta sia nelle cose semplici che in quelle complicate. La cosa che amo di più di questo posto è la bellezza delle piccole cose o il valore che si attribuisce a semplici gesti quotidiani… l’assenza dei telefoni aiuta molto ad ottimizzare i tempi per certi versi e fa aumentare drasticamente la comunicazione e le interazioni dirette tra le persone.

E di casa, casa nostra, cosa ti manca?

La mia gatta Beirut (ride ndr). Ho sempre avuto la passione per le moto, ma qui sono riuscito a sopperire alla mancanza usando la motoslitta

Parliamo di cibo, qui in questo periodo di quarantena siamo tutti ai fornelli: il primo cicchetto che assaggerai non appena sbarcherai in Veneto?

Sicuramente un cicchetto con le sarde in saor. Devo dire che comunque qui non mi faccio mancare nulla, riesco anche a bere lo spritz preparato in base da me con gli approvigionamenti che ci arrivano via nave.

Marco, raccontami un aneddoto SGAIO avvenuto al Polo Nord.

Sembra una barzelletta (ride ndr). Eravamo una manciata di ricercatori: io, un americano, un giapponese, un Norvegese ed un Tedesco. Il ricercatore Tedesco dice “ offro da bere a chi si tuffa nella neve a meno 40 gradi e senza vestiti”. La proposta era allettante e ci siamo tuffati tutti ! Inutile dire che il tedesco ha dovuto indebitarsi per pagare da bere a tutti come promesso!

Quale sarà la prima cosa che farai quando tornerai in Veneto?

Vedere un tramonto al mare, con i piedi sulla sabbia, assaporando il calore del sole.

Cosa ti senti di augurare agli italiani in questo momento?

Al momento io non ho una data di rientro in Italia, o meglio sarà
proprio il CORONA Virus a deciderla per me/noi … non mi rimane che avere pazienza e portare avanti con amore il mio lavoro.
Anche gli Italiani in questo momento dovrebbero cercare di ritrovare un proprio spazio e una propria dimensione oltre alla pazienza, la stessa pazienza che in una società frenetica come la nostra è sempre più difficile da gestire.

 

Articolo precedenteTrattoria Filippetto, Vicenza: il locale più segreto del Veneto
Articolo successivoMatrimonio e quarantena, spose non disperate!
Ilaria Edel Muzzati, imprenditrice paralegal, docente per hobby e sostenitrice dell'innovazione. General Manager di Lemon a Mestre, business center in cui rete e cooperazione sono le parole d'ordine d'accesso.